31/03/2020
Sono partita in ritardo nel tentare di fare questo lavoro. Alcune delle mie amiche hanno già cominciato a scrivere i loro pensieri in questo periodo di quarantena, mentre io me ne stavo seduta comodamente sul divano ad ascoltare la musica. Probabilmente perché non avevo alcun bisogno di scrivere. Io mi definisco una ragazza molto introversa e spesso preferisco rimanere a casa, piuttosto che uscire. Ecco perché questo periodo, tutto sommato, l’ho vissuto bene e mi sono adattata facilmente alla situazione. So che può sembrare strano, ma non mi manca per niente la routine che avevo prima. Sono più rilassata: questo probabilmente è perché la mia vecchia routine era così impegnativa che mi procurava molta ansia e stress. Ora che sono a casa, non ho più l’ansia di far tardi a scuola, di fare i compiti entro un certo orario e rispettare gli impegni pomeridiani, anche se è subentrata sicuramente la noia. Inoltre, con le videochiamate mi trovo bene e, importantissimo, dormo molto di più.
Ma spesso, guardando il telegiornale o leggendo le notizie che mi inviano per WhatsApp, penso a quelle persone che sono in ospedale e stanno combattendo e, purtroppo, anche morendo. Sono una persona che trae la felicità dall’aiutare il prossimo e, purtroppo, per loro non posso fare nulla, se non rimanere a casa. Ormai gli ospedali sono diventati dei campi di battaglia ed i camici bianchi si sono trasformati in uniformi militari. Abbiamo evitato la terza guerra mondiale, ma non una guerra batteriologica. L’unico modo per aiutare è stare a casa e pregare che andrà tutto bene. In effetti, ora che ci penso, il coronavirus, come qualsiasi altra cosa, possiede lati sia positivi sia negativi: infatti sto notando che, nonostante le vittime e la solitudine che sta causando, le persone stanno diventando più unite. Insomma, quello che voglio dire, è che ci voleva una pandemia per provare a creare alleanze tra le nazioni, per chiedere che le guerre smettano, per fermare l’inquinamento, per unire le famiglie, per far in modo che la gente aiuti chi è più sfortunato.
Sembra quasi che il coronavirus sia giunto per dire STOP a tutte le cose sbagliate che stavano succedendo nel mondo. Con questo non intendo dire che dobbiamo considerare il virus come la migliore cosa che sia mai capitata, ma dobbiamo ammettere che qualche cambiamento positivo lo sta portando. E mi chiedo come possa una cosa microscopica stravolgere il mondo. Solo ora capisco cosa significa la frase «vivere nella storia»: in questo momento noi stiamo vivendo un periodo storico straordinario, l’emergenza più grande che sia nata dal secondo dopoguerra. Addirittura si dice che, negli USA, la situazione sia peggiore di quella dell’11 settembre del 2001 ovvero che le vittime del COVID19 abbiano superato quelle dell’attacco alle Torri gemelle.
Anche Papa Francesco si è mosso, concedendo l’indulgenza plenaria per tutti e comprando ventilatori e dispositivi per gli ospedali che ne hanno maggiore necessità. Detto ciò, l’unica cosa che mi rimane da fare, adesso, è restare a casa ed osservare il corso degli eventi dal mio comodo letto, senza smettere di pregare e sperare.
Giuliana Pizzuti
Liceo Classico Pietro Giannone