SCRITTURA E SCRITTORI: RIFLESSIONE SUI LIMITI

Lo scrittore maledetto, la figura della personalità riflessiva e tormentata che, tra estasi ed eleganti intrattenimenti, esordisce in serie di testi che subito lo consacrano tra gli autori di must; ecco che quello dello scrittore diviene uno status a cui si auspica più per un senso di malsana autocelebrazione che per capacità generalmente riconosciute. Ma è fuffa, un’immagine traslata dalla cinematografia che qualche ingenuo crede di poter davvero incarnare. Chi scrive abitualmente conosce bene la difficoltà dell’entrare nel processo creativo e il timore di perdere quel precarissimo equilibrio costruito sulle ali di una libellula in planata. Eppure, fenomeno comprensibile solo se spiegato secondo le regole del mercato, capita di dover leggere testi di sedicenti scrittori, a loro dire redatti con semplicità, che risultano carenti sotto molteplici punti di vista in fase di analisi. Non soltanto la poca originalità dei contenuti che, vivendo in un mondo sempre più connesso e omologato, può rappresentare un elemento valutabile in termini critici, ma anche la forma; questa pare essere una tendenza più comunemente riscontrabile in opere di self publishing. Pagare per pubblicare le proprie opere, sebbene sia una scelta legittima, può indurre la casa editrice ad attenuare l’acribia nel valutare ed eventualmente revisionare il testo proposto dall’autore. L’opera su carta stampata dunque, ma anche in formato digitale, compare più in vece di simulacro della propria abilità, atta a soddisfare quel desiderio narcisistico di autocelebrazione. Le opere pubblicate in via tradizionale sono invece sottoposte, anche per via dell’investimento da parte dell’editore, a un’analisi minuziosa, garantendo una certa autorevolezza. È da sottolineare che, negli ultimi anni, il gap in professionalità tra le opere di autori tradizionali e autopubblicati è in diminuzione, raggiungendo peraltro un equilibrio dei prezzi, ma il dato permane. Quella del self publishing è una via senza dubbio più semplice e assai preferibile per coloro che non versano in condizioni economiche precarie e non devono, quindi, perdersi in infinite attese e speranze, molto spesso disilluse. Un dato preso da ‘Il Foglio’ riporta che le opere autopubblicate in Italia nel 2010 erano appena 146, salite a 25.817 nel 2015, ovvero il 41,4 per cento di tutti gli e-book pubblicati. Date queste lunghe premesse si evince che, essendo tali opere sottoposte a un controllo meno rigido, è più facile incorrere in difetti di qualità. La regola d’oro è non peccare di modestia; non tutti sono scrittori, esattamente come non tutti sono artisti, cuochi, carpentieri, marinai e palombari, e vale la pena riconoscerlo. Saper scrivere in un italiano decente, al giorno d’oggi, è il minimo cui si possa auspicare dato il sostegno dell’informazione generalizzata, tanto da rendere deprecabile il contrario. Ciò non significa essere scrittore nel senso in cui si vuol intendere questa figura. Quello dello scrittore, stando al parere di una professionista molto competente della quale ci si riserva il nome per timore di esordire in cosa non gradita, non può essere un mestiere e allorquando lo diventi non deve essere vissuto come tale. Scrivere non è soltanto forma, a meno che non si intendano per scrittura la saggistica, la prosa accademica o le tediose rimesse tecniche, ma anche in quel caso vi è ben di più che la semplice successione di grafemi. Scrivere è piuttosto un impegno di cui lo scrittore si fa carico nei confronti del mondo, da cui certamente vuol essere letto, compreso e accettato per le sue reali capacità di interazione con l’Io del lettore. Purtroppo gli scrittori non possono non fare i conti con il tempo presente e con la congiuntura sfavorevole di cui si è tentato un seppur breve accenno, complice anche la nouvelle société dei writing obsessed. In altre parole, viviamo in un mondo in cui la scrittura permea ogni realtà, specialmente quella digitale, e si finisce per reputarla obsoleta. Ciò non corrisponde e non deve corrispondere a verità; può accorciarsi il tempo di lettura e la predisposizione da parte dei lettori, ma è necessario non dimenticare che le correnti letterarie sono sempre sorte in rapporto alle dinamiche socioculturali e che anche oggi non fanno differenza.

Nicola Di Nardo
nicoladinardo92@gmail.com

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