Ci siamo conosciute un giorno che stavo cercando di mettere la spina del cellulare nella presa del treno e non ci riuscivo. Lei me l’ha tolta di mano, si è buttata per terra e il mio telefono era in ricarica. Antonella è generosa.
Ha la corazza di sopravvivenza addosso.
Un giorno che stava proprio storta con la vita m’ha guardato e ha detto “Io penso che la vita… La vita” …Cercava le parole, poi ha risolto… “è una chiavica”.
Antonella tiene il dono della sintesi.
È originaria di un paese del Cilento, sul mare, s’è sposata a Vincenzo di Ponticelli e lui allora s’è messo a fare il muratore. Quando teneva famiglia, due figlie, un lavoro onesto, la giustizia si è ricordata di lui.
Vincenzo, quando ho conosciuto Antonella, stava a Casa circondariale Ferrara, Via Arginone, 327, Antonella in una città con la figlia che quando si addormentava le accarezzava l’orecchio, l’altra stava coi nonni nel paese del Cilento sul mare.
‘Ntonè vendeva quotidiani sui Frecciarossa. Conosceva tutti i treni, tutti i capotreni, tutti i tabaccai della stazione. Quando passava salutava tutti e tutti salutavano con la mano e facevano ‘Ntoneeeè.
Teneva sempre il problema di riuscire ad avere il reddito di cittadinanza e i soldi per i detenuti.
Non sapeva mai a chi chiedere che fare.
Pure se è tornata nel Cilento adesso, e Vincenzo con lei perché sono passati i sette anni, io lo so che ci pensa a Napoli, alla stazione di Napoli, so che ama questa città e Vincenzo, le figlie, i libri, i film che le fanno paura e quelli che la fanno ridere. Mi piaceva quando andava da Feltrinelli alla stazione e leggeva dieci pagine di un libro al giorno, annotava a che punto era arrivata e il giorno dopo riprendeva. Io la vorrei vedere ancora di nascosto, che legge, lì in libreria.
Quando parlava di politica diceva cose interessantissime, quando parlava di Vincenzo diventava meno tosta, franava, si immalinconiva.
Un giorno siamo rimaste ferme perché il treno avanti a noi aveva messo sotto a un uomo. La prima a parlare è stata una signora che vedo sempre e ha detto “Se se… Non torniamo manco per le nove a casa”. Ha detto così, la prima cosa.
Antonella stava per farsi prendere da una crisi di claustrofobia perché stavamo in una campagna tra Acerra e Cancello e diceva “è inutile” a ogni mio tentativo di distrarla. S’è andata a fumare una sigaretta in bagno, poi è tornata e ha detto “Gra’, oggi è mercoledì, se era giovedì avevo già scassato tutto… Giovedì mi telefona Vicienzo”. Ho detto “Vabbè Antone’, è mercoledì”. E lei “Tengo na’ ddio e famm, mi sento prigioniera”. Ci siamo messe a parlare dei calzoni fritti cicoli e ricotta. Quando il treno è arretrato ad Acerra siamo corse fuori e ci siamo prese il Magnum pistacchio e cioccolato, poi in salumeria pane e salame per noi e tutti i capotreni che viaggiavano sul nostro treno. Antonella mi ha chiuso la borsa perché aveva individuato il ragazzo che guardava il portafoglio. Sergio voleva organizzare un taxi collettivo, io sono rimasta con Antonella e abbiamo attraversato i binari senza sottopasso, poi abbiamo preso Acerra-Napoli. A Napoli siamo ripartite per Caserta. Quando siamo scese mi ha accompagnato e ha detto “Sali t’aggia vrè ncoppa, se no non sto tranquilla perché s’è fatto tardi”. Ha detto “Ti guardo da qua, vaje!”… Poi m’ha fatto “Gra’… è stata un’avventura, bisognerebbe scriverla”. Io le ho detto ok.
Grazia Coppola
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